Venerdì 4 MAGGIO 2012
KOSMOS
Un film di Reha Erdem
con Saygin Soysal, Türkü Turan, Serkan Keskin, Sermet Yesil,
Nadir Saribacak, Murat Deniz, Cüneyt Yalaz,
Suat Oktay Senocak,
Akin Anli,
Hakan Altuntas
Drammatico
durata 110 min.
Turchia, 2009
Kosmos è un ladro che arriva in una cittadina di frontiera. Non appena arriva salva un ragazzino che stava affogando e la gente crede che lui sia in grado di fare miracoli: una credenza rinforzata dagli strani comportamenti dell'uomo. Kosmos sembra infatti non dormire mai, si nutre di solo zucchero e scala gli alberi con agilità impressionante. Presto inizia una relazione con Neptün, la giovane sorella del ragazzo salvato: ma anche qui si moltiplicano le stranezze visto che i due comunicano imitando i suoni degli uccelli. E mentre in paese si moltiplicano i miracoli, aumentano anche i furti...
Reha Erdem, uno dei più versatili filmmaker turchi, torna dopo My Only Sunshine con una storia ancora più impegnativa e d’effetto: Kosmos, incentrata su un vagabondo, ladro e sciamano, tre personalità raccolte sotto lo stesso nome, presentata al Sarajevo Film Festival. Il film inizia con una lunga sequenza su un panorama innevato e una figura solitaria che avanza e nello stesso tempo si allontana dallo spettatore. È Kosmos (un eccezionale Sermet Yesil, che aveva debuttato in A Run for Money di Erdem nel 1999), che arriva in una cittadina turca al confine con la Russia, a giudicare dall’architettura (il film è stato girato nel Kars). Mentre si avvicina ad un fiume sente le urla di una giovane donna (la bella e affascinante Turku Turan, al suo debutto). Il fratellino è stato trascinato via dalla corrente e Kosmos lo salva e lo risveglia, scuotendolo fra le braccia e ululando nell’aria glaciale. La notizia del miracolo arriva fino in città, e Kosmos viene acclamato come salvatore. L’uomo è però uno strano personaggio che parla con afflato zen della vita e dell’universo, ma nessuno lo capisce. A Kosmos non interessa, comunica con la sorella del ragazzino attraverso una sorta di ululato canino. Si innamora, e le loro conversazioni-latrato sono insieme fastidiose e stranamente emozionanti. Quando non guarisce i malati, tutti piuttosto strani e a loro modo illustri, Kosmos gira la città rubando denaro dai negozi, anche se in realtà non ne fa uso. Ma c’è sempre qualcuno che quel denaro, invece, lo usa, sia che Kosmos lo doni spontaneamente sia che gli venga rubato. L’uomo riesce anche a sfidare la gravità, perché, dice “La gravità è l’amore nei nostri cuori”. L’aspetto tecnico più interessante del film è il sound design, per il quale Erdem ha conquistato il Premio Speciale della Giuria ad Antalya, insieme a quello alla Miglior Fotografia, Miglior Regista e Film. La storia si svolge oggi, come dimostrano le pubblicità di Visa e Master Card sulle porte dei negozi, ma da lontano risuonano cannoni, missili e mitragliatrici. La città è sotto una sorta di assedio, controllata dall’esercito. Ma poiché nessun conflitto avviene oggi ai confini turchi, e da ormai parecchi anni, è possibile pensare che la storia sia ambientata in una sorta di luogo metafisico oltre lo spazio e il tempo. L’ambientazione sembra fatta apposta per dare a Kosmos un luogo in cui esistere. Con elementi di Gesù, Robin Hood e Yoda, il personaggio è il più singolare, originale e interessante apparso sugli schermi negli ultimi anni. E nella costruzione di un’atmosfera incantata, bizzarra, cupa ma ottimista insieme intorno all’uomo, Erdem si pone come l’autore più autentico del cinema moderno turco. Forse troppo autentico, a giudicare dall’assenza di riconoscimenti festivalieri per questo straordinario e sconcertante capolavoro.
Venerdì 11 MAGGIO 2012
UZAK IHTIMAL
Un film di Mahmut Fazil Coskun
con Nadir Saribacak,
Ersan Unsal, Görkem Yeltan Drammatico, durata 90 min. Turchia, 2009
Un giovane muezzin si innamora della sua vicina di casa, un’infermiera cattolica. Da una sinossi simile ci si aspetterebbe un film alla “Uccelli di Rovo”, o qualcosa che divida o alimenti le differenze fra le due religioni. Di certo non ci si aspetterebbe il film delicato, riflessivo, a tratti comico, tra due esseri impacciati e un po’ fuori dal mondo, religiosi entrambi e simili, davvero simili come nella pellicola del turco Mahmut Fazil Coskun. Galata, Istanbul. Il muezzin Musa appena arrivato in città va a vivere in un vecchio palazzo, abitato da una giovane donna infermiera e trovatella del convento vicino, che si occupa di una vecchia donna in punto di morte. Le normali attività del muezzin vengono in qualche modo turbate dalla presenza della giovane donna, Clara, che colpisce subito Musa per il suo essere impacciata e timidamente schiva. I due si conoscono a causa dei piccoli problemi incontrati da Musa nello stabile: una luce elettrica che va via, l’ascensore che si blocca. Un giorno Clara perde il suo rosario, e Musa la segue fin dentro la chiesa dove lei prende le elemosine per restituirlo. In quell’occasione, a causa di un libro, conoscerà il vecchio Yakup, libraio che segue Clara e che nasconde qualcosa. Il trio è completo. Lentamente i tre si avvicineranno, e i due uomini, profondamente legati a Clara che non sembra accorgersi di nulla, riusciranno ad affacciarsi nella sua vita così schiva. Le persone molto religiose tengono molto alla propria interiorità. L’essere profondamente legate a Dio e alla propria religione fa parlare il cuore, non la mente. E il cuore trabocca d’amore. Così si immagina una persona in grado di trasmettere tutto l’amore del mondo verso l’altra persona.
I due protagonisti invece sono completamente bloccati ognuno nella propria interiorità, non riescono a concedersi all’altro se non con movimenti lentissimi e comunque sempre distanti. Nessun gesto, nessun bacio, nulla tra di loro se non il cercarsi per poi guardarsi, nulla di più. Se non fosse per la religione, forse i due potrebbero davvero capire i propri sentimenti. Ma di fronte all’assenza di passioni entrambi si bloccano, rimangono silenziosi, non cercano davvero l’altro, anche se Musa è, tra i due, quello che cerca un po’ di più Clara. Lei è totalmente chiusa, ed infatti alla fine decide di andare in Italia e lasciare i due uomini che la amano (del cui amore rimane il dubbio che lei lo abbia davvero compreso) per seguire la propria strada che la porta verso il suo Dio. A tratti fastidiosamente ottusi, i personaggi rimangono fluttuanti nella realtà, estranei al peccato così come all’amore.
“Uzak ihtimal” è la storia di un amore impossibile, impedito più che dalla differenza religiosa tra i due, dall'incomunicabilità e dalla vocazione monastica di Clara, ragazza eterea che sembra non provare sentimenti, se non quelli suscitati dall'amore nei confronti di Dio. Ma è anche una commedia che prende con ironia le diversità, senza porre troppo l'accento su questo aspetto. Infatti i momenti topici sono appunto quelli in cui si sorride per le incomprensioni fra i due, e fra Musa e Yakup, i quali hanno entrambi qualcosa da dichiarare alla novella Madonna. Qualche perplessità desta lo stentato approfondimento psicologico della donna, che alla lunga risulta essere ripetitiva nel suo silenzio e nella sua freddezza, tant'è vero che non si evincono i reali motivi per cui l'amore tra i due non possa concretizzarsi (forse, sbilanciandosi, si può interpretare una sottile critica alla castità monastica cristiana). Nel complesso una godibile commedia sentimentale, senza infamia e senza (troppa) lode, formalmente ineccepibile, in cui spicca la capacità del regista di rendere e sottolineare alcuni aspetti anche nel silenzio, facendo affidamento alla capacità attoriale e mimica del buon Nadir Saribacak (Musa).
Venerdì 18 MAGGIO 2012
AV MEVSIMI
Un film di Yavuz Turgul
con Sener Sen, Cem Yilmaz,
Çetin Tekindor, Melisa Sözen, Okan Yalabik,
Riza Kocaoglu, Nergis Çorakçi,
Mustafa Avkiran, Mahir Ipek,
Sefika Tolun
Drammatico, durata 140 min.Turchia, 2010
Un anziano detective soprannominato Cacciatore segue instancabile le tracce lasciate da chi ha ucciso e disperso i resti di una ragazza della quale è stato trovato solo un braccio nella foresta. Un action/horror in cui la prospettiva del crimine è trasformata gradualmente e inesorabilmente dalla scoperta dei veri moventi in un thriller psicologico dagli esiti imprevedibili.
La musica di Tamer Çiray parte sommessa, un accordo di piano, un violino entra sui toni gravi, la macchina si spinge avanti nell’acquitrino, passa tra alberi e rottami incagliati nella vegetazione, una cortina di vapore ristagna a pelo d’acqua. Il ritmo si fa più veloce mentre la musica cresce, diventa concitata, nell’acqua si riflette un cielo abbagliante, la luce è acciaio fuso col verde cupo della foresta, il colore dominante è l’azzurro/argento, ghiaccio che si macchia di rosso sul titolo che esplode improvviso, Av mevsimi (Stagione di caccia), mentre spunta dal fango una mano contratta nel rigor mortis.
Potrebbe anche essere di un uomo, abbrutita com’è dall’acqua, ma reca tracce di smalto.
Gli esami diranno il resto, è la mano di Pamuk, ragazzina di 16 anni, il suo nome, “cotone”, la sua morbidezza, la giovinezza, nulla che abbia suscitato pietà, brani di vita riemergono, comporranno un mosaico di ordinaria follia, Pamuk sarà solo quella mano e quella voce, una breve sequenza finale un po’ didascalica in cui compare era meglio tagliarla.
Il cammino alla scoperta dell’omicida è sui generis, come tutto, in questo film del turco Yavuz Turgul, sceneggiatore e regista, un thriller anomalo, con suggestioni fantascientifiche mescolate a scenari iperrealistici al confine col western, è un territorio di frontiera e di caccia, lo scenario è metropolitano ma sembra che Wild West and Congress of Rough Riders of the World sia passato anche di là, la legge del clan, puzza e sporco da saloon, a volte, caccia all’uomo senza legge.
Il tutto è tenuto insieme da una figura di detective, Ferman (Sener Sen), più vicino a Maigret che ad un dipendente del Los Angeles Police Department, è il Cacciatore (suo soprannome), quel che conta per lui è la prospettiva, come a caccia, punti la preda solo dal tuo punto di vista, e invece c’è anche il suo, e ti sfugge se non ne tieni conto.
Nulla va detto ancora che tolga suspence e sorpresa a questo film, notevole, suggestivo, inaspettato, da guardare nelle sue numerose stratificazioni, in quello che suggerisce più ancora che in quello che dice.
Kurtlar vadisi irak
Regia: Serdar Akar
Sceneggiatura: Bahadir Özdener,Raci Sasmaz
Fotografia: Selahattin Sancakli
Musica:Gökhan Kirdar
Interpreti: Necati Sasmaz, Billy Zane, Ghassan Massoud, Gürkan Uygun, Bergüzar Korel, Kenan Çoban, Erhan Ufak, Diego Serrano, Gary Busey
Anno: 2006 Lingua: Turco Durata: 122'
Traduzione e recensione di Tanaka
Trama
Polat Alemdar, un agente delle Forze Speciali Turche, arriva con la sua piccola squadra nel Kurdistan Iracheno. La sua missione è vendicare l'onore di un amico fraterno, suicidatosi a causa dell'umiliazione subita per mano delle forze americane comandate da Sam Marshall. Il suo destino si intreccerà con quello dalla bella Leyla, anch'essa assetata di vendetta e lo porterà a toccare con mano la terribile realtà dell'occupazione americana in quel paese.
Commento
La serie di 'Kurtlar vadisi', ossia le avventure di Polat Alemdar e la sua squadra, è una delle più fortunate serie televisive nella storia della TV Turca. Il passaggio al cinema ha fatto di questo capitolo il maggior successo commerciale cinematografico della moderna Turchia e anche il più costoso in termini di sforzi produttivi. La presenza di nomi come Billy Zane e Gary Busey nel cast hanno acceso l'interesse dei distributori europei ma già dalla prima uscita del film in Germania la polemica è divampata.
Il film è stato accusato di anti-americanismo e anti-semitismo e la sua diffusione fortemente ostacolata (non credo che in Italia lo vedremo mai).
In realtà, 'La valle dei lupi - Iraq', non è anti-americano ma, semmai, denuncia in modo abbastanza brutale gli infausti esiti della politica imperialista americana. La cosa interessante è che lo fa non secondo stilemi 'autoriali' (penso, ad esempio, al bel 'Private' di Costanzo) ma proprio utilizzando lo stesso linguaggio violento e popolare tipico dei prodotti similari d'oltreoceano.
L'eroe con 'licenza di uccidere' che sbaraglia i cattivi, nemici della pace e della giustizia, è un pacioccone turco, per una volta.
Questo:
I cattivi sono gli invasori americani. Ritratti in modo unidimensionale ma rispecchiando, nella nefandezza delle loro azioni, la cronaca reale di questa occupazione (vedi la scena della prigione di Abu Ghraib).
Cattivissimo, spietato e fondamentalista cattolico con vaghi deliri mistici e d'onnipotenza è il loro comandante Sam Marshall (un buon Billy Zane).
Un altro personaggio molto importante è la figura dello 'Sheikh', il maestro spirituale che con la sua opera e presenza carismatica protegge il villaggio dagli abusi che la violenza e l'odio potrebbero generare. A lui il compito di educare i suoi protetti e gli spettatori ad una visione oggettiva e spirituale delle cose. Nel film abbiamo modo di vedere anche la rappresentazione della cerimonia del 'Dhikr', sorta di danza estatica tipica del sufismo, ancor oggi praticata in tutto il mondo islamico.
Kurtlar vadisi - Irak è anche un occasione per entrare in contatto con una cinematografia popolare da noi semi-sconosciuta. La regia è piuttosto convenzionale ma efficace. Il tema, purtroppo, di grande attualità.
Un bellissimo articolo (che però vi racconta il film per intero) su questo 'caso' cinematografico a firma della giornalista Mireille Beaulieu lo potete trovare qui: La Valle dei Lupi - Kurtlar Vadisi Irak